Ansia
Che cos’è
Diagnosi
Frequenza
Causa
Cura
Che cos’è l’Ansia
L’ansia è una reazione fisiologica che fa parte della nostra vita quotidiana, come tante altre emozioni, le quali, in generale, sono risposte che il nostro cervello mette in atto di fronte a particolari eventi o stimoli.
Pensiamo, ad esempio, ad una situazione di questo tipo;
- E’ sera, abbiamo appena terminato una lunga e faticosa giornata di lavoro; è troppo tardi per cucinare e decidiamo di recarci in un ristorante per acquistare una pizza, da consumare a casa.
- Entrati in pizzeria, notiamo, con piacere, che ad attendere, per l’asporto, ci sono solo una giovane coppia e un anziano. Raggiungiamo la cassa e ci mettiamo in fila. Dietro di noi, giunti poco dopo, ci sono un giovane e una signora di mezza età. Ordiniamo e ci mettiamo ad aspettare, pensando di essere stati fortunati ad arrivare poco prima degli ultimi due. Siamo stanchi, affamati, e non vediamo l’ora di tornare a casa per riposare.
- Il pizzaiolo sforna le pizze appartenenti alla giovane coppia e all’anziano signore, che avevano ordinato prima di noi. Ci alziamo e ci avviciniamo al bancone perché tra pochi minuti verrà sfornato il nostro asporto. Notiamo, però, che il cuoco sta preparando quattro pizze, tutte diverse da quella che abbiamo ordinato. Pensiamo siano di qualcuno che aveva effettuato prima di noi un’ordinazione a domicilio e ci rimettiamo a sedere. Con stupore notiamo, invece, che sono le pizze del giovane giunto in pizzeria dopo di noi.
- Siamo stanchi, pensiamo si sia trattato di un semplice errore, e ci alziamo di nuovo, credendo che adesso sia finalmente il nostro turno. Per l’intera durata della nostra attesa, avevamo notato, con semplice curiosità, il rapporto amichevole che vi era tra la signora di mezza età e il pizzaiolo, il quale riusciva con maestria a impastare, infornare e sfornare, mentre chiacchierava con la signora, che era probabilmente una sua conoscente e che si raccomandava di preparare, come era solito fare, delle ottime margherite, poiché aveva dei parenti a cena.
- Ed effettivamente notiamo che sul banco, in preparazione, ci sono sette pizze, tutte uguali, ma comunque diverse da quella che abbiamo ordinato ormai da oltre venti minuti. Appena sfornate, notiamo che vengono consegnate alla signora che, come il giovane, aveva ordinato solo dopo di noi.
- Senza rendercene nemmeno conto, corrughiamo la faccia, serriamo le labbra, stringiamo i denti; la muscolatura del nostro collo si tende, il battito del cuore accelera e così la nostra respirazione. Si è attivata, in noi, l’emozione della rabbia
La rabbia
La rabbia, appunto, si prova quando interpretiamo (e nell’esempio citato ne avevamo di buone ragioni per farlo) una situazione vissuta come un’ingiustizia subita, un torto, un ostacolo ai nostri obiettivi, un danno alla nostra immagine personale.
Le emozioni, quindi, sono reazioni naturali che il nostro cervello mette in atto quando diamo un significato a uno specifico evento.
Se lo viviamo come ingiusto, proveremo rabbia; se pensiamo che ci abbia fatto irrimediabilmente perdere qualcosa, proveremo tristezza; se riteniamo di aver causato un danno a qualcuno, nascerà in noi un senso di colpa; se ci appare pericoloso, minaccioso, proveremo ansia.
Questa è, difatti, l’emozione che proviamo quando interpretiamo la situazione che viviamo, o vivremo in futuro, come pericolosa, come minacciosa. E’ dunque facile comprendere, ora, come l’ansia non sia di per sé, sempre, un fatto patologico. E’ normale provare ansia quando si tenta di superare un difficile esame universitario, quando si attende il risultato di un referto medico, quando un nostro caro ha contratto una malattia causata da un pericoloso virus.
Quando l’ansia, allora, diventa un disturbo, una malattia?
Esistono diversi modi per fare diagnosi di un Disturbo d’Ansia.
Così come per tutti i disturbi della psiche, anche per i Disturbi d’Ansia i Medici Psichiatri si servono del Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali, il DSM-5 (Quinta e ultima edizione).
A differenza delle altre branche della Medicina, la Psichiatria non ha, almeno fino ad ora, la possibilità di utilizzare esami del sangue, radiografie, esami genetici, per diagnosticare una malattia della psiche.
Ci si serve, quasi esclusivamente, dell’esame obiettivo, e cioè di quello che il paziente dice e prova (i sintomi) e di quello che mostra dall’espressività facciale, dalla psicomotricità (i segni). Nel corso degli anni i Ricercatori hanno osservato che le persone che soffrivano dello stesso disturbo (Disturbi d’Ansia, Disturbi Depressivi, Disturbo Bipolare) presentavano statisticamente gli stessi segni e sintomi. Hanno codificato, dunque, un manuale con tutti i segni e i sintomi attraverso cui porre la diagnosi di un disturbo della mente, chiamandolo, appunto, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali.
1. Diagnosi di un Disturbo d’Ansia
Secondo il DSM (Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali) si fa diagnosi di un Disturbo d’Ansia quando l’ansia, ossia l’emozione che si attiva per un evento percepito come pericoloso o minaccioso, si manifesta con eccessiva intensità in relazione al tempo (si avverte per la gran parte dei giorni, per un lungo periodo) e in relazione agli ambiti della vita che condiziona (il mondo dei rapporti interpersonali, quello lavorativo, quello scolastico, etc); dunque il Disturbo viene diagnosticato quando questa eccessiva intensità causa alla persona un forte disagio oppure compromette la socialità, il lavoro, lo studio, etc.
Esistono poi le teorie psicologiche che tentano di spiegare perché alcune emozioni diventano pervasive al punto da diventare simil-malattie. Tra queste, in fatto di Ansia, la più riconosciuta a livello internazionale è, senza dubbio, la Teoria Cognitivo-Comportamentale, secondo cui l’ansia diventa patologica quando si viene a creare il cosiddetto “circolo vizioso dell’ansia”. Quando si comincia a percepire l’emozione stessa dell’ansia come minacciosa, come pericolosa, questa passa dall’essere un comune stato adattivo e funzionale a un disturbo.
Si rimanda, ora, per una trattazione più profonda, alle diverse tipologie di Disturbi d’Ansia e ai loro segni e sintomi specifici.
2. Frequenza dei Disturbi d’Ansia
Sebbene se ne parli poco, un po’ per retaggi culturali, un po’ perché fa paura confrontarsi con un Medico della Mente, ciò che colpisce del disagio mentale è il gran numero di persone che di questo soffrono. Grosso modo, da studi epidemiologici effettuati su larga scala, 11 persone su 100 in Italia, nel corso della loro vita, hanno sofferto, soffrono, o soffriranno di un Disturbo d’Ansia. Purtroppo, la gran parte di queste persone non si rivolge a uno Specialista Psichiatra, un po’ per ragioni socio-culturali, un po’ perché fa paura, appunto, farsi diagnosticare da un Medico un disturbo psichico. Eppure è questa l’unica via per raggiungere il vero benessere psico-fisico.
3. Causa di un Disturbo d’Ansia
Non è riconosciuta una causa unica che sia responsabile dello sviluppo dell’ansia come malattia. Esistono, tuttavia, dei fattori che mettono a rischio la persona.
Così come per tutti i Disturbi Mentali, anche i Disturbi d’Ansia sono spiegati tramite il modello Bio-Psico-Sociale.
Esiste cioè una predisposizione biologica sfavorevole con cui si nasce e che aumenta le possibilità di sviluppare un Disturbo d’Ansia. E’ comune, a tal proposito, trovare i cosiddetti “cluster” familiari, e cioè persone che soffrono d’ansia che discendono da persone che hanno sofferto dello stesso disagio. Esistono, inoltre, cause mediche che generano intensa emotività ansiosa. Si pensi a disturbi endocrinologici, come all’ipertiroidismo, a un’alterazione del livello di estrogeni, a malattie auto-immuni o a disturbi cardio-vascolari che affaticano la persona al punto da non riuscire a vedere le situazioni se non come minacciose o pericolose.
Alla predisposizione biologica si associano spesso dei pensieri. Questi sono comunemente “criticanti il sé”: si crede, per una serie di motivi, di essere particolarmente “fragili” o “difettosi”; si vede qualsiasi situazione come difficile da affrontare e quindi minacciosa perché non si ritiene di possedere le competenze per affrontarla.
Spesso tali pensieri sono figli di esperienze sociali faticose. Le ricerche hanno infatti dimostrato come genitori controllanti, compagni di gruppo, pari giudicanti, o fenomeni di bullismo siano capaci di contribuire allo sviluppo, in età adulta, di sofferenze psichiche in generale, di Disturbi d’Ansia in particolare.
4. Cura di un Disturbo d’Ansia
Ciò che tranquillizza rispetto alla minaccia di sviluppare Disturbi d’Ansia è la possibilità di cura. E’ da considerarsi raro, infatti, che un Disturbo d’Ansia non raggiunga la guarigione. Il trattamento dei Disturbi d’Ansia consta fondamentalmente di due opzioni, che possono essere utilizzate singolarmente o in comunione: la farmacoterapia o la psicoterapia.
Per quanto riguarda la prima, infatti, è ormai comune l’utilizzo di farmaci cosiddetti antidepressivi. Il nome, tuttavia, non deve trarre in inganno. Questi farmaci sono nati per la cura della depressione, ma con il tempo è stato sempre più chiaro che il loro utilizzo poteva essere esteso anche ad altri disturbi, in particolare ai Disturbi d’Ansia. Si tratta di farmaci innocui, privi, cioè, di forti effetti collaterali, che aumentano il livello di un neurotrasmettitore chiamato serotonina nel cervello, capace di rimodulare il normale funzionamento dei pensieri. Tali farmaci sono capaci di ripristinare le normali condizioni umane per cui un evento che realmente è minaccioso (si pensi all’esame, all’attesa di un referto medico, al parente che ha appena contratto una malattia da virus pericoloso) viene vissuto come tale, e non innesca pensieri eccessivamente ansiosi circa minacce incombenti.
Esiste poi la possibilità di intervenire nel processo di cura con la psicoterapia. Nello specifico, validata, riconosciuta e raccomandata in campo internazionale è la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Questa si fonda sulla teoria secondo cui non sono le situazioni a generare le emozioni, bensì è l’interpretazione degli eventi a caratterizzare i sentimenti. Diventa, quindi, essenziale, in ottica cognitiva, pensare ai pensieri e riflettere su cosa è veramente minaccioso e su cosa invece nella realtà non lo è. Il bravo psicoterapeuta, quindi, sarà quello in grado di scovare i pensieri nascosti per cui il paziente si sente fragile, difettoso, e disincastrarlo da questi, dandogli quindi la possibilità di accedere agli eventi con i mezzi giusti per affrontarli.
Il bravo psichiatra, invece, sarà quello in grado di capire chi necessita di una farmacoterapia, chi di una psicoterapia, e chi, infine, di una commistione delle due terapie